Um Brasil de inclusão, onde todos tem um lugar.

Brasile: un paese di tutte le genti

L’illustrazione di Marcela Weigert rappresenta il popolo brasiliano. “Il mio paese è colorato ed è bello vedere la diversità razziale che deve sempre essere rispettata! Ho realizzato questo disegno a attivisti che lottano per un’istruzione pubblica di qualità nel nostro paese. “

La maggior parte dei loro disegni ha lo scopo sociale di mettere in guardia su pregiudizi, la violenza e la disuguaglianza sociale. Al Repórter Brasil, uno dei contributi ai progetti di sensibilizzazione sui diritti umani è stato quest’anno, con l’elaborazione dell’opuscolo che tratta della migrazione come diritto umano a San Paolo.

‘Se fa male a qualsiasi esistenza, sarò resistenza’. È la traduzione del manifesto.

Il disegno di cui sopra è stato utilizzato per un progetto educativo in Pará. La proposta era quella di combattere il lavoro schiavo contemporaneo che richiede una supervisione costante da parte della società.

IBGE

L’ultimo National Survey on Continuous Household Sample (PNAD) condotto lo scorso anno dall’IBGE rivela che la popolazione nera è aumentata del 14,9% nel paese.

“Secondo il sondaggio, nel 2012, quando la popolazione del paese era stimata in 198,7 milioni di persone, i bianchi erano la maggioranza (46,6%), i marroni rappresentavano il 45,3% del totale e i neri, 7, 4%. Già nel 2016 la popolazione è salita a 205,5 milioni di abitanti (aumento del 3,4%) e i bianchi hanno cessato di essere la maggioranza, rappresentando il 44,2% (calo dell’1,8%).

I marroni ora rappresentano la maggioranza della popolazione (46,7%) – un aumento del 6,6% – e i neri sono ora l’8,2% del totale brasiliani ”, fonte: O Globo

Donne

La ricerca dell’IBGE sottolinea anche che le donne guadagnano meno degli uomini. Oltre ad essere un paese che ha più 6,3 milioni di femmine rispetto ai maschi.

Panorama

In una rapida panoramica possiamo vedere un paese con diverse differenze razziali e sociali. I dati sopra citati attraversano superficialmente la situazione della diversità, che è stata considerata solo il colore, la condizione delle donne, senza entrare nei dettagli di etnia, disabilità, scelte sessuali, situazione economica … Alcuni di questi gruppi sociali sono minoranze in una comunità e soffrono pregiudizi. Inammissibile per il ventunesimo secolo.

Nonostante la diversità, il Brasile è un paese in cui la sua gente, fino ad allora, ha vissuto in modo pacifico queste differenze.
Adesso, il paese è diviso e il nuovo presidente è una persona che stimola la polarizazzione quando il tema è pregiudizio.

con mio amico Chagal

Il Brasile diviso ricorda i limiti del paradiso e dell’inferno del surrealismo di Ismael Nery

I confini tra il paradiso e l’inferno non c’erano nella vita di Ismael Nery (1900-1934), artista e poeta, uno dei primi dall surrealismo nell’arte brasiliana. La sua personalità era così turbata, che non conoscenza dei confini tra il tormento e il godimento, e questo si assomiglia molto oggi alle discussioni politiche in Brasile

Ismael lottò tra il godimento della libertà artistica e la moralità castrante della religione. L’artista era un fervente cattolico e andava a messa ogni domenica. Informazioni tratte dalla ricerca del poeta Floriano Martins,

Nery e il suo amico, artista Murilo Mendes (comunista), “due noti apostoli del surrealismo in Brasile, non solo credevano in Dio, ma andavano a messa tutta la domenica”.

Un mito

“Le viscere che possono rivelare l’anima, la croce che non esclude il godimento, il corpo che cerca l’anima. La comunione tra i paradossi ha segnato il lavoro di Ismael Nery, uno degli artisti più singolari della moderna produzione brasiliana. Abile nel combinare apparenti opposti nel suo lavoro, Nery credeva che un’altra presunta opposizione, quella che porta la vita su terreni diversi – né sempre fa senso.”

L’estratto descritto fa parte del catalogo di una mostra d’artista tenutasi nel 2015, a cura di Denise Mattar e Tadeu Chiarelli. “Ismael Nery alla ricerca dell’essenza”.

Testo e curadoria meravigliosi!

Psicanalisi

Il catalogo è venuto da me dalla mano della figlia che lavora nell’area della psicoanalisi. Ismael Nery è oggetto dello studio da parte di professionisti, che sono interessati e vedono nel suo lavoro un riferimento a determinate teorie. Secondo i curatori, l’artista è sempre stato un indovinello, che “vedeva l’arte come il catalizzatore attraverso il quale poteva esprimere le sue idee”.

Per Chiarelli e Denise, non c’è spazio in suo lavoro di essere etichettati e inseriti nelle classiche classificazioni. “Nelle parole del poeta Murilo Mendes, il suo grande amico, Nery è sempre stato molto ‘ismaelississimo’.

Surrealismo

Senza mettere il dibattito dei due curatori, penso che Ismael Nery  ha avuto un caso d’amore con  il surrealismo, anche ha transitato per il cubismo e è stato molto proprio lui in suoi autoritratti, nelle sue diverse pelli, angelo o demone. È stato anche unico nel ritrarre sua moglie, la sua amata Adalgisa, nella sua breve vita. Morì ai 30 anni di tubercolosi fulminante.

La fase più metafisica e surrealista fu quando si ammalò e scoprì la fragilità del suo corpo, della materia. Le sue opere sono insolite visioni di sogni, alternate a immagini anatomiche di viscere in mostra.

Adalgisa

Adalgisa era bellissima. Una donna orgogliosa, elegante e intelligente e il rapporto con Nery è stato straordinario. Dopo la sua morte è stata una scrittrice e giornalista combattiva. Il marito era per lei, il suo mentore e consulente intellettuale. “Sono sempre stata attratta dalla tua intelligenza.”

La coppia ha promosso e ha partecipato da incontri con intellettuali e l’artisti nella loro casa, degli amici e nei bar. Nery era brillante e dominava sempre gli argomenti e stava costruendo intorno a lui una sorta di rispetto, un tributo che lo rendeva un po ‘narcisista.

La famiglia di Ismael Nery ha avuto una grande influenza sulle sue opere. La madre era una figura tragica, impazzita dalla morte di suo marito e di un figlio. Ha avuto esaurimenti nervosi e si vestiva con l’abitudine del Terzo Ordine di San Francisco. Lei passava la notte urlando, uno scandalo coperto per sua sorella che suonava il piano per attutire il suono. Al mattino, alle sei, le due sorelle andavano a messa e si diresserevano verso la chiesa su differente marciapiedi.

Adalgisa riportò il comportamento in un’autobiografia The Imaginary, 1959. Il suo più grande successo letterario.

Desiderio d’amore 1932

Poesia

La fine della vita di Ismael Nery (Lui è scomparso ai 33 anni) fu segnata dall’insicurezza, la fase tra le due guerre mondiali. La sua poesia rifletteva questo periodo turbato e creativo. Sebbene quasi cento anni dopo la sua morte, il suo legato nella poesia è molto attuale.

“Se il disegno di Nery è sorprendente, la sua poesia è spaventosamente aggiornata”, affermano i curatori. Dai suoi versi potrebbe essere possibile immaginare Raul Seixas che canta o Cassia Eller:

Mio Dio, perché hai messo così tante anime in un solo corpo?

In questo coro neutrale che non rappresenta nulla di ciò che sono

In questo corpo che non mi permette di essere angelo o demone ”

Ancora più interessante è la sua volontà scritta nel novembre del 1933. Queste sono parole rivolte a Dio. Evidenziamo gli ultimi paragrafi e per i quali vale la pena ricordare la trascendenza dell’uomo nella poesia.

Qual è la volontà della gente? Qual è il bene generale? Hai fatto, con la scienza che hai, la psicologia di un capo?

Perché non credere in Dio quando credi anche nei regimi politici? L’umanità, come le piante, ha bisogno di letame.Dai nostri corpi sono rinati quei corpi gloriosi che contengono le anime dei poeti, quello da cui abbiamo già portato il germe.Tutto è stato fatto all’inizio, ma tutto esisterà davvero solo in momenti diversi.I poeti saranno gli ultimi uomini a esistere, perché in essi si manifesta la vocazione trascendente dell’uomo.

Ogni uomo recita una poesia alla vigilia della sua morte. L’umanità reciterà anche la sua alla sua vigilia della, attraverso la bocca di tutti gli uomini che saranno poeti in quel momento.

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“Sanfona é tudo na minha vida. A música me mantém jovem”

A gaúcha Vercy Prietto encontrou na música o relacionamento ideal para manter-se jovial e saudável aos 83 anos. Começou seu caso de amor com a sanfona aos 12 anos, quando recebeu de seu pai um acordeon de presente de aniversário. Logo em seguida entrou num conservatório para aprender a tocá-lo. Hoje integra a Orquestra Sanfônica Potiguar, em Natal, e participa de eventos musicais junto à ONG Baobá.

“Sanfona é tudo para mim. Graças a ela é que estou assim”, garantiu a artista.

Uma resposta rápida., é claro, porque Vercy sabe que sua aparência física, de pequena estatura, magra, cabelos brancos brilhantes e pele saudável compõem um conjunto de fatores que  transmite uma vivacidade, que nem de longe lembra o estereótipo criado pela sociedade em relação a idade como um entrave para colocar em prática projetos de vida ousados.

Vercy nasceu, estudou, casou -se e teve três filhos e também separou-se no Rio Grande do Sul, mas foi em Natal, onde vive desde 1992, que a música retornou à sua vida e hoje faz parte do seu dia a dia. “Fiquei 50 anos sem tocar  sanfona”, conta. É importante explicar que esse espaço tão grande não interferiu no seu talento e foi provocado por circunstâncias da vida, sobretudo porque é mulher e ainda viveu num tempo em que elas, na maioria, eram preparadas para ser ‘do lar’.  Vercy formou-se no conservatório  aos 18 anos, num final de dezembro de 1954, para em seguida casar-se em janeiro.

A musicista lembra que foram os livros e partituras das netas que estudavam flauta a ponte para o retorno à música. “Comecei a estudar muito nos livros e dedilhava na mesma sanfona que foi presente de meu pai e que a conservo até hoje”. Assim foi lembrando de tudo que aprendeu no conservatório.

Orquestra e o Baobá

A retomada à música foi um passo para começar a sua carreira artística e participar de apresentações.

O link  aconteceu no dia do músico, quando estava assistindo  uma apresentação da Orquestra Sanfônica Potiguar no centro de Natal. “Ao final fui conversar com o maestro José Roberto e contei a ele sobre a minha formação musical”, lembra. Resultado desse encontro foi o convite para integrar a orquestra, que é composta por cerca de 30 figuras, entre 10 a 15 sanfoneiros.

A formação de Vercy pelo conservatório tem destaque para o acordeon clássico, mas hoje ela domina músicas do erudito ao popular. “Tem uma orquestra completa no acordeon, na direita é o solo e a esquerda acompanha”.  Ela não esconde a paixão que tem por boleros. “É a minha perdição”.

https://www.facebook.com/cantoranaracosta/videos/803447833183058/

O vídeo está no perfil da cantora Nara Costa. Assistam e vejam Vercy no canto esquerdo envolvida com sua sanfona num vibrante forró.

Haroldo Mota

A história do Baobá na vida de Vercy tem também um significado muito especial. Conta que sempre gostou de ‘Bonsai”e aprendeu a técnica para cultiva-lo e curte muito experimentar com diversas espécies de árvores. Um ‘Baobá bonsai’ foi uma de suas criações.

No entanto, o Baobá só cresceu e quebrou alguns vasos até ela decidir doar a muda. Segundo o seu relato, foi difícil achar quem se interessasse pela muda até achar Haroldo Mota e sua Ong Baobá. A muda de Baobá foi plantada na rodovia do Sol, em Natal, ao som do Bolero de Ravel, interpretado por Vercy. Foi uma festa!

Haroldo tem trabalho reconhecido como ambientalista no Rio Grande do Norte e frequentemente promove eventos para ressaltar a importância da espécie e a preservação da natureza.

Beleza na maturidade

A foto da capa e a atual revelam que o brilho nos olhos é o mesmo quando o assunto é música. A arte, em todas as suas manifestações, é alimento para alma. A beleza de Vercy, o seu envelhecimento corporal, neste caso, assume um outro patamar de beleza.

Não mais a beleza estética de um corpo exageradamente perfeito. Aqui me refiro uma beleza que transcende a matéria e transita no campo da energia, que se apresenta no brilho dos olhos e na força espiritual e psíquica de cada ser humano. Isso significa que as rugas transformam-se em marcas que refletem cada minuto vivido intensamente na trajetória de uma pessoa. É o corpo físico que se expressa numa narrativa poética de uma obra de arte.

Quando escrevo sobre beleza na maturidade lembro de uma entrevista encantadora que fiz com a poetisa paranaense Helena Kolody (1912- 2004), quando ela tinha 80 anos. Ela me fascinou pela sua beleza.

 “Ela é uma bela mulher. Os 80 anos deixaram apenas as marcas da sabedoria em seu rosto. Seus olhos de um azul cristalino, brilham quando fala de uma vida dedicada à poesia e ao ensino…”

Vercy Prietto é uma bela mulher em seus vibrantes 83 anos e seus olhos brilham quando fala de sua sanfona!

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Olhar de um cineasta imigrante aos ‘Santos de Casa’ potiguares

O ditado popular ‘santo de casa não faz milagres’ inspirou o jovem cineasta australiano Alasdair Keith Gardiner  a produzir e dirigir o documentário ‘Santos de Casa’ com 12 artistas potiguares. “O caminho para esses artistas locais do Rio Grande do Norte é feito de ‘barro’. As histórias deles são ‘barras’. Fica para cada espectador dizer se eles fazem milagre ou não”, afirma o cineasta.

As filmagens começaram em 2017 e captaram 50 horas de imagens e entrevistas, que atualmente estão sendo editadas e a previsão é de até o final do ano finalizar o documentário para veiculação em cinemas e festivais. Vale lembrar que o olhar de um cineasta imigrante  tem relação com dois mundos, aquele que ele vive e o que viveu.  A cultura de origem envolve-se com a nova, que consequentemente produz  uma narrativa mais rica em detalhes que passam desapercebidos de quem é brasileiro.

Um exemplo dessa mixagem de dois mundos é a análise que faz do nosso povo. “É minha impressão que as pessoas vivem muito intensamente aqui no Brasil. Possivelmente devido a isso, a cultura brasileira é muito voltada a contar histórias. Muitas pessoas aqui têm vontade de dizer quem são e o que já vivenciaram e isso deve fazer maravilhas com a saúde. Eu aprendo muito vivendo aqui. Essa aprendizagem aumenta o valor da minha perspectiva como cineasta. Colaborando com outros, daqui, no campo de cinema, como é meu desejo, enriquece cada trabalho mais ainda”. Alasdair vive em Natal desde 2016 e tem intenção de permanecer no Brasil.

Da esquerda para direita, Guaraci Gabriel, artista plástico, Alasdair e Nilson Eloy

Talentos únicos

No início era para ser um curta com a participação de um artista. Na medida em que as gravações desenvolviam-se e quanto mais as pessoas percebiam a seriedade do trabalho, Alasdair recebia novas indicações de artistas. “A partir daí, percebi que tinha como entrelaçar as histórias de alguns outros artistas que eu já conhecia na época. Esses 12 artistas são ligados entre eles, por serem pouco apoiados e pouco valorizados como artistas locais do RN; mas as suas histórias são, cada uma mais única que a outra”.

Em seu trabalho tinha como norma conhecer bastante da história do artista antes da gravação, para planejar melhor. Porém, segundo ele, com dois repentistas de São José do Seridó, por questões de logística, ele abriu mão dessa postura e viajou até a cidade para conhecê-los e gravar com eles. “Eu fui para lá, só sabendo que um deles tinha ficado cego antes de aprender a tocar. Imaginei que o relato fosse ser trágico. O que eu encontrei nele foi um otimismo que eu não conhecia antes. Essa surpresa foi bastante gratificante!”

Brasil

Alasdair é um jovem cineasta que começou a gostar do Brasil já na Austrália, quando cursava Belas Artes, com ênfase em cinema e trabalhava em bares e  restaurantes, onde também trabalhavam brasileiros. “Tive contato com brasileiros porque eram colegas de trabalho. Então, foi uma convivência constante e era um pessoal alegre e divertido”,  lembra. Esse contato despertou nele a vontade conhecer o país, que surgiu com a oportunidade de fazer um intercâmbio em 2010.

A partir daí não deixou mais de lado a ideia de viver no Brasil. Uma escolha tão certa quanto sua paixão pelo cinema. Quando pergunto: Por que escolheu ser cineasta?  “Eu não escolhi a profissão, foi a profissão que me escolheu”, brinca ele, jogando com o clichê. “Minha vida estava sempre, inconscientemente, se embrulhando em volta de cinema. Tenho a urgência e necessidade pessoal de trabalhar nessa área, como outros também têm. O que se tratou mais de escolha foi vir morar e trabalhar no Brasil”.

No Brasil já produziu e realizou alguns trabalhos. Foi responsável pelo audiovisual e operações técnicas na peça Tempo Real Time na FICA 2018,  na Casa da Ribeira em Natal. Em 2015, ainda na Austrália, foi assistente de direção  num curta metragem chamado Same As It Ever Was..  Roteiro, direção e produção de um curta de 2017 chamado O Milagre. E produção, direção, operação de câmera e som direto no documentário de longa metragem Santos de Casa e um curta desse ano de 2019 chamado Tchau, Mommy.

Meio de transformação

Ao ser indagado sobre a importância do cinema como um meio de transformação social, Alasdair  contou que um dos artistas, Guaraci Gabriel aceitou participar do documentário porque tinha assistido o filme ‘Sim Senhor’,  uma história cujo o personagem dizia ‘sim’ para tudo.

“Achei hilário isso. Eu tinha até re-assistido esse filme na noite anterior – mistérios da vida. Isso serve para mostrar como um filme, nesse caso ‘Sim Senhor’, é capaz de fazer a diferença, de formas inesperadas, na vida de indivíduos. E esse específico artista, Guaraci Gabriel, foca na mudança social, através do poder do indivíduo, em várias obras dele. No filme Santos de Casa,  a atriz potiguar Alice Carvalho fala da importância da representação na tela, das pessoas se verem refletidas por lá. Eu acho isso inegável. Acredito que as pessoas desejam essa representação. Imagine quanta diferença o filme Filadélfia fez para as pessoas sofrendo na crise da AIDS, por exemplo”.

No sentido do povo em geral, acredita que para o cinema ser um meio de transformação de uma sociedade dependerá de como cada pessoa interage com cada filme.

“No Brasil, como em vários outros países, a maioria, caso vão para o cinema, procuram assistir blockbusters que mostram violência à toa, só por mostrar, sem muita riqueza cinemática por trás. Os espectadores de filmes de arte são uma fração pequena da sociedade. Infelizmente, isso faz com que a programação de cinemas natalenses deixe muito a desejar.”